EU Water Law

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Quadro generale

 

Per quanto riguarda la precedente legislazione esistente applicabile agli scarichi nell'ambiente acquatico, una parte di essa è stata mantenuta in vigore dalla direttiva quadro sulle acque per un certo numero di anni prima della sua abrogazione, mentre altre rimangono in vigore e dovrebbero rimanere in vigore ancora per molti anni. La WFD ha così abrogato, ma solo con data di entrata in vigore il 22 dicembre 2013, una direttiva del 1979 sulla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento causato da alcune sostanze pericolose, da un lato, e la legislazione, le cui origini risalgono al 1976, sull'inquinamento causato da alcune sostanze pericolose scaricate nell'ambiente acquatico, dall'altro.

Tuttavia, restano in vigore altre due direttive che riguardano tipi molto importanti di scarichi nell'ambiente acquatico e costituiscono un importante tassello della legislazione comunitaria in materia di acque, sia per il loro importante contributo alla protezione della salute umana e dell'ambiente, sia per il livello di attività giudiziaria che hanno generato e che probabilmente continueranno a generare negli anni a venire. La prima è la direttiva 91/271 del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane ([1991] GU L135/40), che sarà discussa in dettaglio nella parte 4 qui di seguito. La seconda è la direttiva 91/676 del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole ([1991] GU L375/1), che verrà altresì discussa più avanti.

L'importanza del fatto che molti progetti relativi all'acqua e alla gestione delle acque e che molti impatti sulla risorsa idrica possono rientrare nell'ambito della legislazione ambientale generale non dovrebbe essere sottovalutata. Di seguito sono riportati alcuni degli esempi più eclatanti di tali situazioni. In particolare, la direttiva 2001/42 del 27 giugno 2001 (direttiva VAS), concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente ([2001] GU L 197/30), prevede che venga effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi che, tra l'altro, sono predisposti per la gestione delle acque (art. 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/42). Inoltre, tutte queste valutazioni - indipendentemente dal fatto che riguardino o meno la gestione delle acque, devono individuare i probabili effetti significativi sull'ambiente, "anche su questioni come (...) l'acqua (allegato I della direttiva 2001/42). Come si vedrà più avanti, la rilevanza di questa legislazione per il diritto delle acque è notevole, in quanto molti dei piani di gestione che essa richiede agli Stati membri di adottare e attuare saranno essi stessi soggetti a tale valutazione.

Inoltre, la direttiva 2011/92 del 13 dicembre 2011 concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati ([2012] GU L 26/1, direttiva VIA) prevede che la valutazione dell'impatto ambientale (VIA) che essa richiede sia effettuata nel suo ambito di applicazione "individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare (...) effetti diretti e indiretti di un progetto" su una serie di fattori, tra cui l'acqua (articolo 3 della direttiva 2011/92). Tra le tipologie di progetti soggetti a VIA vi sono alcune vie navigabili interne e porti per il traffico fluviale, porti commerciali, moli di carico e scarico collegati a terra e porti esterni, sistemi di estrazione o ricarica artificiale delle acque sotterranee, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini fluviali, impianti di trattamento delle acque reflue, ecc. (Allegato I della Direttiva 2011/92). In questo senso, la direttiva 2010/75 del 24 novembre 2010 sulle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) ([2010] GU L 334/17, IED), stabilisce norme volte ad "evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni delle suddette attività nell' (...) acqua (...) ad impedire la produzione di rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso" (Art. 1 IED). Le sue disposizioni in materia di inquinamento delle acque sono troppo numerose e diverse per essere descritte in questa sede.

Inoltre, una delle tre tipologie di danno che rientrano nell'ambito di applicazione del regime di responsabilità ambientale dell'UE (direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale [2004] GU L 143/56, ELD), è il "danno alle acque". Si tratta di qualsiasi danno che incide in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico, come definito nella direttiva quadro sulle acque, delle acque interessate, o sullo stato ambientale delle acque marine interessate ai sensi della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino (articolo 2, paragrafo 1, lettera b), ELD). La direttiva 2004/35 si applica, tra gli altri, al danno ambientale causato da, e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno che si verifichi a causa di talune attività che comprendono gli scarichi nelle acque interne superficiali e sotterranee che richiedono un'autorizzazione preventiva ai sensi della normativa UE applicabile, lo scarico o l'iniezione di inquinanti nelle acque superficiali o sotterranee e l'estrazione e il sequestro delle acque soggette ad autorizzazione preventiva ai sensi della direttiva quadro sulle acque (articolo 3, paragrafo 1, ELD). La riparazione di tali danni ambientali, in relazione all'acqua, si ottiene attraverso il ripristino dell'ambiente alle sue condizioni di base mediante la riparazione primaria, complementare e compensativa (allegato II ELD).

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